21 luglio 2025 | 07:35

Dietro ogni progetto come quello del Parco della Liburna c’è la forza di chi non si arrende, neanche quando un imprevisto manda in fumo mesi di lavoro.
Ci sono persone che lavorano nell’ombra, senza applausi e senza titoli sui giornali. Persone che resistono alle difficoltà, agli ostacoli pratici, all’indifferenza, persino agli incendi, come quello che ha colpito il Parco della Liburna. Eppure non si fermano: continuano a fare cultura, a trasmettere saperi, a proteggere la memoria collettiva.
È facile celebrare i grandi eventi culturali, quelli che illuminano le piazze per una sera. Ma la vera cultura si costruisce con pazienza, ogni giorno, spesso in silenzio, grazie a chi si ostina a tramandare storie che rischiano di essere dimenticate. Non solo la storia antica di Roma, ma anche quella più “piccola” e preziosa: come la manualità dei maestri d’ascia, come il legame fra l’uomo e il legno, fra il mare e le imbarcazioni artigianali.
Dietro ogni progetto come quello del Parco della Liburna c’è questo tipo di resilienza: la forza di chi non si arrende, neanche quando un rogo manda in cenere mesi di lavoro. E quella forza è preziosa, perché parla non solo al presente, ma soprattutto al futuro. È un messaggio alle nuove generazioni: il sapere si conserva solo se qualcuno è disposto a custodirlo, anche quando tutto sembra remare contro.
La cultura non è un lusso, né un passatempo: è la base della nostra identità. Chi lavora per salvarla, per tramandarla, merita riconoscenza. E il miglior modo per sostenerli è riconoscere il loro valore prima che sia troppo tardi. Perché ogni storia che si perde, ogni mestiere che si spegne, ogni memoria che svanisce è un pezzo di noi che smette di esistere. E alla fine, ci impoverisce tutti.